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Comandante ad Auschwitz

Comandante ad Auschwitz

di Rudolf Höss 1956 266 pagine
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Punti chiave

1. La Mediocrità del Male: Un Uomo Comune al Servizio dello Sterminio

Höss è stato uno dei massimi criminali mai esistiti, ma non era fatto di una sostanza diversa da quella di qualsiasi altro borghese di qualsiasi altro paese; la sua colpa, non scritta nel suo patrimonio genetico né nel suo esser nato tedesco, sta tutta nel non aver saputo resistere alla pressione che un ambiente violento aveva esercitato su di lui, già prima della salita di Hitler al potere...

Un uomo ordinario. Rudolf Höss, comandante di Auschwitz, non era un sadico demoniaco, ma un individuo di intelligenza e sensibilità mediocri, un "perfetto piccolo borghese" come lo definisce Moravia. La sua storia è esemplare di come una persona comune possa trasformarsi in un esecutore di crimini mostruosi, non per malvagità intrinseca, ma per una cieca adesione a un sistema e a un'ideologia. La sua "normalità" lo rende ancora più inquietante, poiché suggerisce che la capacità di commettere atrocità non è esclusiva di "mostri" ma può annidarsi in chiunque.

Percorso di vita. La sua infanzia fu segnata da un'educazione rigida e militare, con l'obiettivo di farlo diventare sacerdote, ma la sua fede vacillò presto. Dopo la Prima Guerra Mondiale, si unì ai Freikorps, partecipando a un omicidio politico che lo portò in prigione. Questa esperienza, anziché redimerlo, lo abituò alla disciplina e all'ordine, preparandolo involontariamente al suo futuro ruolo nelle SS.

Strumento dell'ideologia. Höss si considerava un "soldato" che eseguiva ordini, un ingranaggio di una macchina più grande. La sua "colpa" risiede nella sua incapacità di resistere alla pressione di un ambiente violento e di un'ideologia distruttiva, accettando senza critica il concetto di "nemici dello Stato" e la necessità del loro annientamento. La sua storia è un monito su come la mediocrità, unita al fanatismo ideologico, possa condurre alla disumanità più abissale.

2. L'Obbedienza Cieca e la Perversione dell'Ideologia

«Il Führer comanda, noi obbediamo», non era certo una frase né uno slogan, per noi. Era un concetto preso terribilmente sul serio.

Dovere incondizionato. Per Höss e molti altri membri delle SS, l'obbedienza agli ordini del Führer e di Himmler era un principio sacro e indiscutibile. Questa mentalità, inculcata fin dalla giovane età e rafforzata dall'addestramento delle SS, eliminava ogni spazio per la riflessione critica o il dissenso morale. Gli ordini, per quanto crudeli, venivano eseguiti con una "ferrea coerenza", senza esitazione.

L'ideologia come giustificazione. L'ideologia nazionalsocialista forniva la giustificazione per ogni azione, anche la più atroce. Il concetto di "nemici del popolo tedesco" e la "soluzione finale della questione ebraica" erano presentati come necessità vitali per la sopravvivenza della nazione. Questo quadro ideologico permetteva a Höss di considerare lo sterminio di milioni di persone non come un crimine, ma come un "dovere" al servizio della patria.

La perversione dei valori. Valori come "Patria e Dovere", se accettati ciecamente e senza un fondamento etico universale, possono essere pervertiti per giustificare la barbarie. Höss, pur riconoscendo a posteriori che lo sterminio fu un "errore", non mise mai in discussione la validità dell'ideologia nazionalsocialista in sé, dimostrando come la fede in un'idea possa annullare la coscienza individuale.

3. La Deumanizzazione dei Prigionieri e la Psiche del Carceriere

Per essi, i prigionieri non erano uomini.

Oggetti, non persone. La deumanizzazione dei prigionieri era un pilastro fondamentale del sistema dei campi di concentramento. Per molti guardiani delle SS, i detenuti non erano considerati esseri umani, ma semplici "oggetti" su cui sfogare istinti perversi o eseguire ordini senza scrupoli. Questa percezione facilitava la brutalità e l'indifferenza, annullando ogni empatia.

Le tre categorie di guardiani. Höss stesso categorizza i guardiani in tre tipi:

  • Malvagi: Individui rozzi e vili che godevano nel tormentare i prigionieri fisicamente e spiritualmente.
  • Indifferenti: La maggioranza, che eseguiva i compiti in modo anonimo, senza intenzioni malvagie ma con opportunismo e limitatezza, rendendo possibile la crudeltà altrui.
  • Benevoli: Rari, con buon cuore, che cercavano di alleviare le sofferenze, ma spesso erano inefficaci o sfruttati.

L'impatto sulla psiche. Höss ammette di aver dovuto apparire "freddo, anzi di pietra" per non mostrare le sue "emozioni umane", che considerava una "debolezza". Questa costante repressione dei sentimenti, necessaria per adempiere al suo ruolo, lo portò a una profonda trasformazione interiore, rendendolo sempre più "duro" e "inavvicinabile", anche con la sua famiglia.

4. L'Efficienza Industriale dello Sterminio: Il Ruolo dello Zyklon B

Ma devo dire apertamente che la loro gasazione mi recò un grande conforto, perché entro un termine prevedibile avrebbe dovuto cominciare lo sterminio in massa degli ebrei, e né Eichmann, né io, sapevamo ancora bene in qual modo vi avremmo provveduto.

La ricerca del metodo "migliore". L'ordine di Himmler di trasformare Auschwitz nel più grande centro di sterminio richiese a Höss di trovare la "tecnica migliore" per l'omicidio di massa. Le fucilazioni erano considerate inefficienti e psicologicamente devastanti per gli esecutori, causando "bagni di sangue" e suicidi tra le SS.

La "scoperta" dello Zyklon B. La soluzione fu trovata quasi per caso dal suo sostituto, Fritsch, che utilizzò lo Zyklon B (un pesticida a base di acido prussico) per sterminare prigionieri di guerra russi. Höss descrive il "grande conforto" provato nel constatare che questo gas permetteva un'uccisione "asettica" e "impersonale", senza le scene raccapriccianti delle fucilazioni.

L'industrializzazione della morte. L'adozione dello Zyklon B e la costruzione di grandi crematori trasformarono Auschwitz in una vera e propria "fabbrica di morte". Il processo di sterminio divenne una catena di montaggio:

  • Arrivo dei trasporti e selezione degli abili al lavoro.
  • Inganno delle vittime con la promessa di "disinfestazione".
  • Gasazione nelle camere, con la presenza di SS e Sonderkommando fino all'ultimo.
  • Estrazione dei cadaveri, ricerca di denti d'oro e taglio dei capelli.
  • Cremazione nei forni o in fosse comuni.
    Questa "professionalità" e "diligenza" nell'organizzazione del genocidio sono tra gli aspetti più agghiaccianti del suo racconto.

5. La Dissociazione: Vita Familiare Idilliaca Accanto all'Orrore

Spesso ancora, nel contemplare i nostri figli che giocavano allegramente, mentre mia moglie sorrideva felice ai più piccini, mi coglieva un pensiero: fino a quando durerà la vostra felicità?

Il paradiso privato. Höss descrive la sua vita familiare ad Auschwitz come un "paradiso", con una casa confortevole, un giardino fiorito e bambini felici che giocavano liberamente. I prigionieri stessi si adoperavano per compiacere la sua famiglia, e i bambini erano amanti degli animali. Questa idilliaca esistenza si svolgeva a pochi metri dai crematori e dalle camere a gas, in una totale, o quasi, ignoranza degli orrori da parte della moglie e dei figli.

Scissione della coscienza. Questa giustapposizione tra la sua vita privata e il suo ruolo di comandante di un campo di sterminio rivela una profonda dissociazione psicologica. Höss era capace di compartimentalizzare le sue emozioni, provando "immensa pietà" per i bambini ebrei che mandava a morire, ma senza che ciò influenzasse minimamente le sue azioni. La sua "maschera di pietra" era una difesa non solo per gli altri, ma anche per se stesso.

L'incapacità di connettere. Come sottolineano Levi e Moravia, Höss non riusciva a vedere il nesso tra i bambini zingari che morivano di Noma e i suoi figli ben nutriti. La sua "vita interiore" era un rifugio spirituale che non aveva alcun effetto sulla sua condotta esterna, permettendogli di considerarsi un uomo "non cattivo" pur essendo l'architetto di un genocidio.

6. La Corruzione Sistemica: SS e Prigionieri Complici della Crudeltà

Queste lotte per il potere politico avvenivano non soltanto tra i prigionieri polacchi di Auschwitz; le rivalità politiche sussistevano in tutti i campi, in mezzo a tutte le nazionalità.

Il sistema di sfruttamento. Il sistema dei campi di concentramento, e in particolare Auschwitz, era intrinsecamente corrotto. L'Aktion Reinhardt, il saccheggio sistematico dei beni delle vittime, creò un'opportunità di arricchimento illecito per SS, polizia, civili e persino prigionieri. Questo denaro e questi oggetti preziosi divennero una "maledizione per il campo", alimentando la corruzione e la brutalità.

Kapos e Sonderkommandos. I prigionieri con funzioni direttive (Kapos) e i membri dei Sonderkommandos (ebrei costretti ad assistere allo sterminio) erano spesso i più spietati verso i loro compagni. Per ottenere privilegi, cibo o una breve dilazione della propria morte, si rendevano complici del sistema, vessando e calpestando i correligionari. Höss osserva con "ottusa indifferenza" il loro zelo, senza comprendere la disperazione che li spingeva.

Divide et impera. La direzione del campo coltivava e stimolava attivamente le rivalità tra i diversi gruppi di prigionieri (politici, criminali, ebrei, zingari, omosessuali) e tra le diverse nazionalità. Questo principio del "divide et impera" impediva la formazione di una solida unità tra i detenuti, rendendo più facile il controllo e la gestione delle masse.

7. L'Impatto Psicologico della Detenzione e l'Incertezza della Morte

L'incertezza sulla durata della detenzione, spesso dipendente dall'arbitrio di alcuni poliziotti subalterni, era, secondo la mia esperienza e le mie osservazioni, il fattore che esercitava il peggiore e più forte influsso sullo spirito dei prigionieri.

La tortura dell'incertezza. Höss, dalla sua esperienza di prigioniero, riconosce che l'aspetto più devastante della detenzione non erano le sofferenze fisiche, ma l'incertezza sulla durata della pena. Per i prigionieri politici e gli ebrei ad Auschwitz, la mancanza di una data di rilascio o la consapevolezza di essere destinati alla morte, paralizzava la volontà e accelerava il crollo fisico e mentale.

Psicosi da prigione. La prigionia prolungata e le condizioni disumane portavano molti detenuti alla "psicosi da prigione", caratterizzata da agitazione, depressione, insonnia e, in molti casi, suicidio. Höss stesso ne soffrì durante la sua detenzione, descrivendo incubi e un profondo turbamento spirituale.

La resilienza e la disperazione. Mentre alcuni prigionieri, come i Testimoni di Geova, trovavano nella fede una forza incrollabile per affrontare la morte con "gioia quasi luminosa", altri, come molti ebrei, cadevano in un fatalismo apatico. La loro "impossibilità di sottrarsi alla morte imminente li rese completamente insensibili all'ambiente che li circondava", accelerando la loro fine.

8. Il Falso Pentimento e l'Ostinazione Ideologica

Oggi comprendo anche che lo sterminio degli ebrei fu un errore, un colossale errore. L'antisemitismo non è servito a nulla; al contrario, il giudaismo se ne è giovato per avvicinarsi maggiormente al suo obbiettivo finale.

Un "errore" non una "colpa". Nelle sue memorie, Höss dichiara di aver compreso che lo sterminio degli ebrei fu un "colossale errore". Tuttavia, questa ammissione non è accompagnata da un vero rimorso morale o da un ripudio dell'ideologia nazionalsocialista. Per lui, era un errore strategico che aveva attirato l'odio del mondo e rafforzato il "giudaismo", non un crimine contro l'umanità.

Persistenza dell'ideale. Fino all'ultimo, Höss afferma: "Io sono nazionalsocialista come prima, nel senso che questa è la mia concezione della vita." Questa ostinazione dimostra che il suo "pentimento" era superficiale, un'accettazione formale delle accuse senza una reale trasformazione interiore. La sua mente era ancora prigioniera dei dogmi che avevano guidato le sue azioni.

Auto-giustificazione. Höss si presenta come una vittima del destino, un "ingranaggio" della macchina di sterminio, costretto a eseguire ordini. Si lamenta di essere percepito come una "belva assetata di sangue", insistendo di avere "un cuore" e di "non essere cattivo". Questa auto-percezione distorta è un meccanismo di difesa per negare la propria responsabilità morale.

9. La Solitudine Egocentrica e l'Incomprensione del Male

Non capivo quanto mi dicevano, ma certamente non erano benedizioni.

Isolamento emotivo. Höss descrive una profonda solitudine, un'incapacità di confidarsi persino con la moglie o di stabilire veri legami di amicizia. Questa chiusura emotiva, unita a un marcato egocentrismo, gli impediva di comprendere le sofferenze altrui e le implicazioni morali delle sue azioni. Le sue "rivelazioni intime" sono spesso auto-riferite e prive di vera empatia.

Incomprensione persistente. Frasi come "Non capivo", "Non mi spiegavo", "Non riuscivo a comprendere" costellano le sue memorie, evidenziando una costante incapacità di elaborare la realtà degli orrori che dirigeva. Anche di fronte a scene strazianti, come un membro del Sonderkommando che scopre il cadavere della moglie, Höss si interroga sulla capacità dell'uomo di celare le emozioni, anziché sulla mostruosità della situazione.

Il dramma del carnefice. Il suo egocentrismo lo porta a trasformare il dramma delle vittime nel proprio dramma. La sofferenza dei bambini assassinati diventa, per lui, il tormento del carnefice costretto a ucciderli. Questa perversione del sentimento e la scissione della coscienza gli permisero di servire il regime con una "coscienza tranquilla", convinto di agire per il bene.

10. Auschwitz: La Macchina di Sterminio Perfetta

Auschwitz doveva quindi diventare il più grande luogo di sterminio di tutta la storia, e la conseguenza fu che, a causa della cernita e dell'ammassamento degli ebrei atti al lavoro e del sovraffollamento che ne derivò, con tutti i terribili mali ad esso connessi, migliaia e decine di migliaia di non ebrei, che avrebbero potuto restare in vita, soccombettero a causa delle malattie e delle epidemie provocate dalla carenza di alloggiamenti, dal nutrimento insufficiente, dal vestiario scarso e dalla mancanza assoluta di istallazioni igieniche.

Un progetto gigantesco. Himmler incaricò Höss di trasformare Auschwitz nel "più grande centro di sterminio di tutti i tempi", un compito che Höss affrontò con la sua tipica "mania del lavoro" e "orgoglio professionale". Il campo fu ampliato per ospitare centinaia di migliaia di prigionieri, con una logica industriale volta a massimizzare l'annientamento.

Logistica della morte. La costruzione di crematori e camere a gas, la gestione dei trasporti e la selezione dei prigionieri erano operazioni complesse che richiedevano una pianificazione meticolosa. Höss si lamenta delle difficoltà logistiche e della mancanza di supporto, ma la sua priorità rimaneva sempre l'efficienza del processo di sterminio, anche a costo della vita di migliaia di prigionieri non ebrei che morivano per le condizioni disumane.

Il fallimento dell'umanità. Nonostante le sue "proteste" e le sue osservazioni sulle condizioni disastrose, Höss non riuscì (o non volle) opporsi alla volontà di Himmler. La sua dedizione al "dovere" e la sua incapacità di vedere oltre la logica del sistema lo resero lo strumento perfetto per un genocidio su scala industriale, dove la vita umana era ridotta a un problema di gestione e smaltimento.

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Recensioni

3.86 su 5
Media di 3.5K valutazioni da Goodreads e Amazon.

Commandante ad Auschwitz by Rudolf Höss provides a chilling first-hand account of the Holocaust from the perspective of Auschwitz's commandant. Readers find the memoir disturbing yet valuable for understanding the Nazi mindset. Höss attempts to justify his actions and portray himself as a victim, which many reviewers find repugnant. The book offers insight into the banality of evil and the bureaucratic nature of genocide. While difficult to read, many consider it an important historical document that should be approached critically, as Höss is an unreliable narrator.

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Informazioni sull'autore

Rudolf Franz Ferdinand Höss was an SS-Obersturmbannführer and the first commandant of Auschwitz concentration camp from May 1940 to November 1943. Born in 1900 or 1901, Höss joined the Nazi Party in 1922 and the SS in 1934. He was responsible for overseeing the murder of millions of people at Auschwitz. After the war, Höss was captured and put on trial for war crimes. He wrote his autobiography while in prison, attempting to explain his actions and portray himself in a more sympathetic light. Höss was found guilty and hanged on April 16, 1947, at the age of 45 or 46.

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